martedì 2 dicembre 2008

Beno Eckmann, 1917-2008

Il 25 novembre si è spento, all'età di 91 anni, il Professor Beno Eckmann, uno dei Grandi della matematica del XX secolo. L'influsso che le sue ricerche e i suoi insegnamenti hanno avuto è testimoniato anche solo dalla vastità del suo "albero genealogico matematico", che secondo il Mathematics Genealogy Project conta ben 1040 discendenti.
Pur non avendolo conosciuto personalmente, ricordo di averlo incrociato spesso nei corridoi dell'ETH, dove condivideva ben volentieri un ufficio con studenti e ricercatori di oltre mezzo secolo più giovani di lui.
Riporto di seguito il necrologio pubblicato sulla NZZ del 2 dicembre, opera di uno dei suoi più illustri allievi, il Professor Urs Stammbach:

Ein aussergewöhnlicher Mathematiker
Zum Tod von Beno Eckmann

Am 25. November ist Beno Eckmann, emeritierter Professor für Mathematik an der ETH Zürich, in seinem 92. Lebensjahr gestorben. Er gilt in weiten Kreisen als einer der profiliertesten Mathematiker des 20. Jahrhunderts.

Eckmann wurde 1917 in Bern geboren. Nach dem Studium der Mathematik an der ETH, das er 1941 mit einer preisgekrönten Doktorarbeit abschloss, war er als Privatdozent an der ETH, später als ausserordentlicher Professor an der Universität Lausanne tätig. Es folgte ein längerer Aufenthalt in Princeton. Nach der Rückkehr nach Lausanne nahm er 1948 einen Ruf an die ETH Zürich an, der er auch nach seiner Emeritierung im Jahre 1984 treu blieb: Bis vor kurzem war er regelmässig in der Hochschule anzutreffen und nahm mit seinem immensen Wissen weiterhin intensiv am wissenschaftlichen Leben teil.

Eckmanns wissenschaftliches Werk umspannt ein weites Feld. Viele grundlegende Entwicklungen der modernen Mathematik hat er wegweisend beeinflusst: Die algebraische Topologie hat er wesentlich ausgebaut, die Cohomologie-Theorie der Gruppen, die homologische Algebra und die Kategorientheorie zählen ihn zu ihren Mitbegründern. Mit besonderer Hingabe widmete sich Eckmann der Lehre. Seine ausserordentliche Fähigkeit, tiefe mathematische Ideen in klarer und eleganter Weise darzustellen, haben ihn zu einem überaus erfolgreichen akademischen Lehrer gemacht. Davon zeugt nicht zuletzt die Tatsache, dass er im Laufe seiner Tätigkeit über 60 Doktoranden betreute. Viele seiner Schüler wurden Professoren im In- und Ausland.

Neben seiner wissenschaftlichen Tätigkeit übernahm Eckmann auch viele andere Aufgaben. Von 1954 bis 1956 war er Vorsteher seiner Abteilung an der ETH, 1961/62 Präsident der Schweizerischen Mathematischen Gesellschaft, von 1956 bis 1961 Sekretär der Internationalen Mathematischen Union. Zu seinen grössten Verdiensten gehört die Gründung des Forschungsinstitutes für Mathematik an der ETH 1964, das er bis zu seiner Emeritierung überaus erfolgreich betreute. Dieses Institut ist zu einem weltweit bekannten Zentrum mathematischer Forschung geworden. Viele Ehrungen zeugen von der nationalen und internationalen Wertschätzung Beno Eckmanns, darunter Ehrendoktorate der Universität Freiburg, der ETH Lausanne sowie des Technions und der Ben Gurion University in Israel. Am Internationalen Mathematikerkongress 1994 in Zürich wurde er zu dessen Ehrenpräsidenten ernannt.

Beno Eckmann hat die Mathematik an der ETH über lange Jahre in einer wissenschaftlich ausserordentlich erfolgreichen, trotzdem menschlich bescheidenen und sympathischen Art geprägt. Seine ehemaligen Studenten, Doktoranden, Kollegen und Freunde werden ihn als positiven, freundlichen und in jeder Hinsicht integren Menschen in dankbarer Erinnerung behalten.

Urs Stammbach

venerdì 28 novembre 2008

Abbasso le caselline

Ricordate le tabelline (o caselline)? Quanti di voi, a scuola elementare, hanno penato sulla tavola pitagorica? Inutile, dite voi? Mah, io non lo credo: in fondo, su di essa si basa il calcolo mentale, una capacità che io considero ancora imprescindibile. Una capacità che va però allenata: non capisco quindi per quale motivo ai ragazzi vengano consegnate prestissimo (a volte già a scuola elementare) le famigerate "macchinette", che non fanno altro che assecondare la naturale pigrizia che si annida dentro ognuno di noi.
Fortunatamente non sono l'unico ad essere di questo avviso: un articolo pubblicato sul sito del quotidiano La Stampa si sofferma sulle difficoltà degli scolari inglesi nel risolvere problemi che sarebbero stati considerati semplici una generazione fa, osservando quanto segue: "Fin dalle elementari ormai si permette ai bambini di usare la calcolatrice in classe, ritenendo inutile faticare per fare operazioni che una semplice tecnologia può fare per noi. I ragazzi hanno imparato fin troppo bene questa lezione, e arrivano al liceo distratti e convinti che non sia più necessario mandare a memoria le cose, poiché la conoscenza necessaria (ad esempio una data o una biografia) sarà comunque disponibile, quando servirà, sul telefonino collegato a Internet.".
Purtroppo, come ho modo di riscontrare quasi quotidianamente, alle nostre latitudini la situazione non è migliore: l'uso acritico della calcolatrice, oltre a nuocere al calcolo mentale, induce a dimenticare anche le convenzioni algebriche più basilari (come le cosiddette precedenze), rendendo indispensabile all'inizio del percorso liceale un lavoro di ricostruzione che troppo spesso si rivela però inutile.

domenica 26 ottobre 2008

L'infinito a fumetti

Alla fine dell'800, il matematico tedesco Georg Cantor mostrò in due modi diversi che i numeri reali (cioè i numeri corrispondenti ai punti di una retta) non possono essere "contati" (o enumerati) utilizzando i numeri naturali (cioè 1,2,3 e così via), cioè che non è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra l'insieme N dei numeri naturali e l'insieme R dei numeri reali. Dal momento che N è contenuto in R, da ciò segue che R ha "più elementi" di N; trattandosi in entrambi i casi di insiemi infiniti, ciò implica l'esistenza di una "gerarchia" degli infiniti. Per studiare queste problematiche, Cantor introdusse la nozione di cardinalità: l'insieme R ha cardinalità maggiore rispetto a N. Immediatamente sorse spontanea una domanda: esistono cardinalità intermedie, esistono cioè sottoinsiemi di R che non possono essere contati utilizzando N e che a loro volta non permettono di contare R? Cantor credeva di no, e tale supposizione divenne nota come l'ipotesi del continuo.
La questione si rivelò talmente stuzzicante da essere inserita al primo posto da David Hilbert nell'elenco di 23 problemi che avrebbero dovuto plasmare la matematica del XX secolo (e in parte lo fecero davvero), stilata in occasione del II Congresso di Matematica di Parigi all'alba del nuovo secolo.
Il primo contributo importante giunse nel 1939 dal logico austriaco Kurt Gödel, il quale mostrò che l'ipotesi di Cantor non può essere confutata utilizzando le regole in uso per la definizione degli insiemi numerici (il sistema di Zermelo-Fraenkel provvisto dell'assioma della scelta). Qualche anno dopo Paul Cohen mostrò che tali regole non possono essere usate nemmeno per dimostrare tale ipotesi. Si tratta quindi di un enunciato indipendente dal sistema assiomatico in uso: supporre vera oppure falsa l'ipotesi del continuo non avrebbe generato alcuna contraddizione.
All'ipotesi del continuo, e più in generale alla nozione di infinito in matematica, è dedicato il fumetto Gottinga dell'autore italiano Davide Osenda, presentato al Festival della Matematica di Roma 2008. La storia si compone di 48 tavole ben illustrate in cui viene narrata l'ultima lezione tenuta all'Università di Gottinga da un professore di origini ebraiche, proprio mentre la furia antisemita (che avrebbe poi annichilito l'intera matematica tedesca) si sta abbattendo sulla città. Non dirò molto di più dato che il fumetto (che non ha ancora trovato un editore) è scaricabile liberamente (con licenza Creative Commons e in bassa risoluzione, ma perfettamente leggibile) dal blog di Andrea Plazzi (un noto esperto di cultura fumettistica).
Nel corso della narrazione al lettore vengono servite, in una forma accattivante e competente, alcune delle idee più affascinanti della storia della matematica, quali il metodo della diagonale o il paradosso dell'Hotel Hilbert (raffigurato nella tavola qui riprodotta), un immaginario albergo dotato di infinite stanze dove un ospite troverà sempre posto. Quest'ultimo, tra l'altro, è il tema di un racconto di SF di Stanislaw Lem, L'hotel straordinario, o il milleunesimo viaggio di Ion il Tranquillo, reperibile nell'antologia Racconti matematici (edita da Einaudi).

giovedì 9 ottobre 2008

La scatola d'oro

Avrei voluto essere il primo a segnalare un divertentissimo errore di traduzione presente nel quinto DVD della (peraltro interessante) collana "Novecento: il secolo della scienza" venduta in allegato al mensile Le Scienze. Ma qualcuno ci ha pensato prima di me, pubblicando addirittura su YouTube un estratto del filmato in questione:



(tra l'altro non sono sicuro che il verbo
falsificare sia usato correttamente - forse il termine corretto è confutare, ma non stiamo qui a sottilizzare...).
Si tratta di un'intervista, contenuta nella mini-biografia di Kurt Gödel, al matematico statunitense John L. Casti, in cui a un certo punto (nella traduzione italiana) viene menzionata una fantomatica Congettura della Scatola d'Oro. La congettura viene poi enunciata: "ogni numero pari maggiore di 2 (questo manca, a dire il vero) può essere scritto come somma di due numeri primi"... Sorpresa: dietro al poetico nome affibbiatole dal traduttore si nasconde la Congettura di Goldbach, uno dei più celebri problemi insoluti della teoria dei numeri, enunciata nel XVIII secolo dal matematico prussiano Christian Goldbach (1690-1764).
Ma... da dove viene il poetico nome utilizzato nel DVD? Facile: "
Goldbachs conjecture" (dove il nome tedesco viene pronunciato con accento americano) è diventato "gold-box conjecture", e quindi la scatola d'oro si è materializzata per magia...
La congettura di Goldbach fa da sfondo anche ad un consigliabile romanzo del matematico, regista e scrittore Apostolos Doxiadis,
Lo zio Petros e la Congettura di Goldbach. Edito in Italia da Bompiani, esso narra della discesa nella follia di tale Petros Papachristos, immaginario zio del narratore ossessionato dalla ricerca della soluzione al problema.

venerdì 29 agosto 2008

Dante, Swift, Goethe e la matematica

Cos'hanno in comune i tre (grandi) autori citati nel titolo? Ebbene, nelle opere di tutti e tre la matematica viene utilizzata, in maniera del tutto naturale, per arricchire il discorso (magari approfondirò in qualche post successivo).
Questo (e molto altro) ha raccontato Bruno D'Amore nel corso di un'interessantissima conferenza (diretta al grande pubblico) proposta ai margini del terzo Convegno di Didattica della Matematica organizzato a Locarno dall'ASP, il cui tema ("Matematica dappertutto") mi ha reso quasi obbligatorio partecipare, visto il sottotitolo di questo blog. In modo piacevole, con uno stile molto personale e ricco di ironia, l'oratore ha intrattenuto per un'oretta i presenti, cercando di mostrare come i luoghi comuni che descrivono la disciplina matematica come arida e lontana dalla "cultura" siano in realtà infondati. Mi è piaciuto particolarmente l'accenno alla "tabellina della strega" del Faust di Goethe e alle maldestre interpretazioni che ne hanno dato alcuni critici, segno che dalla matematica non si può prescindere nemmeno in ambito letterario.
A proposito dell'accenno faustiano, qui è possibile visionare un'animazione in cui viene mostrato come la menzionata "tabellina" (o Hexeneinmaleins) rappresenti in realtà una guida alla costruzione di un quadrato magico di ordine 3.

sabato 23 agosto 2008

Se ne parla anche...

... all'inferno (grazie a Laura per il titolo). Del tema del post precedente, intendo (il corso per abilitare docenti del primario e della scuola dell'infanzia all'insegnamento della matematica). Infatti il quindicinale satirico Il diavolo ha dedicato all'argomento la vignetta qui riprodotta.
Non so a voi, ma a me sembra simpatica (con tutto il rispetto, comunque, per chi decide di accollarsi l'onerosa formazione supplementare).

lunedì 18 agosto 2008

Quo vadis matematica?

Nella sua emissione del 24 luglio (data un po' troppo estiva per parlare di scuola...), la trasmissione Falò della RTSI si è occupata di insegnamento della matematica. In particolare si è parlato della (ormai quasi) cronica scarsità di laureati disposti ad insegnare matematica a livello di Scuola Media, e della controversa proposta di far accedere a tale insegnamento docenti della scuola primaria e dell'infanzia con un corso integrativo di due anni. Due cose mi hanno colpito, in particolare: il fatto che solo 1/6 (un sesto!) degli insegnanti di matematica del settore medio ha una laurea specifica, e l'atteggiamento dell'Ospite in studio, da cui traspare una scarsa considerazione nei confronti di chi decide di dedicarsi all'insegnamento (che sembrerebbe venire invitato a trovare altrove "soddisfazioni personali"...).
La trasmissione è visionabile per intero a partire da qui. Tra i link presenti sulla pagina di presentazione manca (è una svista??) quello relativo alla Commissione di Matematica della Svizzera Italiana, dove è possibile leggere una presa di posizione sul progetto in questione.

domenica 17 agosto 2008

Altre simmetrie

Come Il disordine perfetto (di cui ho già parlato), anche il bel libro dell'astrofisico statunitense di origine rumena Mario Livio L'equazione impossibile affronta con un linguaggio accessibile il tema dell'algebra applicata allo studio della simmetria. I due libri, anche se simili, possono essere in parte considerati come complementari: in particolare, l'opera di Livio (che precede quella di DuSautoy) si concentra maggiormente sui due personaggi chiave della nascita dell'algebra moderna, Abel (il "matematico povero") e Galois (il "matematico romantico") e cerca di essere più matematicamente esplicita nella descrizione della struttura di gruppo. Inoltre Livio si dilunga maggiormente sul ruolo della simmetria nella fisica (il suo campo d'azione!), descrivendone il ruolo nell'ambito della teoria della relatività (speciale e generale) e della meccanica quantistica.
Si tratta quindi di un lavoro forse meno spettacolare e pirotecnico di Il disordine perfetto, ma altrettanto serio e valido. Non sapendo quale scegliere, consiglio la lettura di entrambi.

giovedì 7 agosto 2008

Gianni, Pinotto e la matematica

Per caso, su YouTube mi sono imbattuto nel seguente sketch del duo Abbott & Costello (la più celebre coppia comica statunitense degli anni '40, nota in italia come Gianni e Pinotto), tratto dal lugometraggio Little Giant (1946):



Si tratta di una "dimostrazione" dell'uguaglianza 13 x 7 = 28 , ottenuta in tre diversi modi rimescolando le cifre e abusando (in modo abbastanza ingegnoso) della notazione posizionale, come spiegato qui.
La stessa scenetta è presente anche in un film precedente del duo, In the Navy (1941). Fu proprio la continua riproposizione degli stessi sketch (comune a molti comici televisivi) a decretare, dopo la metà degli anni '40, il calo di popolarità dei due, a favore degli astri nascenti Martin e Lewis.

mercoledì 6 agosto 2008

La geometria non è un reato

Harold Scott MacDonald "Donald" Coxeter (1907-2003) è stato senz'altro uno dei matematici più importanti del XX secolo. In un periodo in cui la geometria andava perdendo quasi ogni connotazione "visibile", concentrandosi su aspetti sempre più astratti e formali (si pensi ad esempio alla geometria algebrica, mia croce e delizia, e al concetto di schema introdotto dal grande Alexander Grothendieck), egli seppe riaffermare con successo il valore della rappresentazione degli oggetti di studio, mostrando che la geometria "classica" aveva ancora molte frecce al suo arco.
La vicenda umana di Coxeter, lunga e produttiva (partecipò al suo ultimo congresso e scrisse l'ultimo saggio all'età di 96 anni, decisamente in controtendenza dato che spesso l'ispirazione di un matematico si esaurisce a 40!) viene ben descritta nella biografia Il re dello spazio infinito, della giornalista canadese Siobhan Roberts (edita in Italia da Rizzoli). Tra le altre cose, in essa viene ben messa in evidenza la "battaglia" combattuta tra il geometrico Coxeter e l'algebrico Bourbaki (come evidenzia Marcus DuSautoy in una sua recensione per il Guardian), terminata con una concessione di quest'ultimo al genio coxeteriano (l'inclusione dei suoi diagrammi nel libro VIII degli Eléments de mathématique). Nella seconda parte del libro l'autrice si sofferma poi sulle applicazioni pratiche ispirate dalle idee di Coxeter (una per tutte: le cupole geodetiche realizzate dall'eclettico architetto Richard Buckminster Fuller, dalla struttura simile ai composti del carbonio noti oggi come fullereni o "Buckyballs") e sulla sua amicizia con M.C. Escher , nelle cui celeberrime opere la geometria (la simmetria, in particolare) riveste un ruolo fondamentale.
Oltre al libro della Roberts, in questo momento ho sottomano una raccolta di dodici saggi originali di Coxeter (raccolti in The Beauty of Geometry, nell'edizione economica Dover). Non mi sono soffermato sui dettagli dei singoli articoli (occorrerebbe investire parecchio tempo: si tratta sì di geometria elementare, ma in matematica elementare non è sinonimo di semplice), ma anche solo sfogliando velocemente l'opera ci si può fare un'idea del "sapore" dell'opera coxeteriana: le pagine sono ricoperte di diagrammi, perfino di fotografie, e di calcoli espliciti, in contrasto con qualsiasi pubblicazione geometrica "moderna" dove tutto è algebrico e formale (ma, devo confessare, più vicino alla mia sensibilità, forse "corrotta" da anni di frequentazioni grothendieckiane).

lunedì 30 giugno 2008

Teoremi assassini

Giusto ieri ho terminato la lettura di Delitti pitagorici, romanzo scritto dal dottore in matematica e insegnante liceale Tèfkros Michailìdis recentemente pubblicato in italiano da Sonzogno. Si tratta di un giallo a sfondo matematico ambientato nei primi decenni del '900, imperniato sulla figura di un anonimo professore ossessionato dal "secondo problema di Hilbert" (che riguarda la non-contraddittorietà di un sistema formale). La parte secondo me più godibile della narrazione è quella ambientata a parigi nel 1900 durante il secondo congresso mondiale di matematica (in cui Hilbert, appunto, enunciò i suoi 23 problemi), dove i protagonisti della vicenda interagiscono con i grandi matematici del tempo, figure quasi mitiche i cui risultati sono oggi il piatto forte dei corsi universitari (come Hadamard, De la Vallée-Poussin, Peano, Russell, Frege, Hermite, Lindemann, Minkowski, Jordan, Poincaré e Klein, oltre ovviamente allo stesso Hilbert). Divertente è anche l'inclusione nella vicenda del pittore Pablo Ruiz (più tardi noto con il cognome della madre, Picasso). 
Nel corso della narrazione, per mezzo di alcuni interludi, il destino del povero (co-) protagonista viene presentato in parallelo a quello leggendario di Ippaso di Metaponto, bandito (e, forse, assassinato) dalla scuola pitagorica per aver divulgato l'erroneità del motto "tutto è numero". Si tratta di un escamotage interessante, che rovina però (quasi) tutta la suspence, rendendo un po' vano il depistaggio tentato dall'autore nella seconda metà del libro. Tale pecca è però riscattata dall'amara ironia dell'epilogo, dove la vicenda si intreccia con quella che è forse stata la più clamorosa scoperta della matematica del XX secolo.
Non si tratta quindi certamente di un romanzo perfetto, ma comunque di una lettura consigliata a tutti quelli che, come me, hanno trovato un po' indigesta la parte narrativa del Teorema del pappagallo. Delitti pitagorici contiene senz'altro molta meno matematica di quest'ultimo, ma presenta un intreccio assai più plausibile e una collezione di personaggi decisamente più credibili (da notare che Michailìdis è proprio il traduttore in greco di Guedj, dai cui "errori" ha forse saputo trarre profitto).

mercoledì 25 giugno 2008

Verso l'Alto, non verso il Nord

Il titolo di questo post rappresenta la frase più emblematica del "Racconto fantastico a più dimensioni" Flatlandia (traduzione così così dell'originale Flatland), pubblicato nel 1884 dal religioso inglese Edwin A. Abbott (1838-1926). Nelle intenzioni dell'autore, l'opera è nel contempo una satira sulla società dell'epoca vittoriana e un'introduzione al concetto di dimensione in senso matematico, scritta nel periodo in cui lo studio degli spazi di dimensione superiore stava schiudendo la porta a nuove e rivoluzionarie scoperte in matematica e in fisica (si pensi, ad esempio, alle teorie einsteiniane della relatività). Il racconto è una sorta di diario di un abitante quadrato di un mondo bidimensionale, il quale da un lato sogna mondi a zero e a una dimensione ("Pointlandia" e "Linelandia") e dall'altro viene condotto da una sfera nel suo mondo tridimensionale (la "Spacelandia"), fallendo però nel suo tentativo di propagare la rivelazione della tridimensionalità tra i suoi simili (la frase del titolo riguarda proprio questo: l'"Alto" ha senso solo per chi ragiona in 3D!). Scritto più di un secolo fa, il libro è ancora perfettamente leggibile ed attuale (specie per gli aspetti geometrici), e ragionando per analogie ci fa riflettere su un concetto chiave della geometria moderna, dandoci i mezzi per immaginare quali potrebbero essere le caratteristiche di uno spazio a 4 o più dimensioni.
In italiano il testo è edito da Adelphi oppure leggibile gratuitamente qui. Qui, invece, è disponibile la versione originale inglese.

domenica 18 maggio 2008

Matematica e canguri

Anche quest'anno la Scuola in cui lavoro ha avuto la fortuna di poter ospitare una fase eliminatoria del gioco-concorso "Kangourou della matematica". La competizione, svoltasi per la prima volta in Australia nel 1981, coinvolge oggi quasi 4 milioni di studenti in oltre 30 nazioni, e rappresenta ormai il più popolare tra i concorsi scolastici a tema matematico. Il sito dell'edizione italiana propone tra le altre cose i testi e le soluzioni delle passate edizioni, dai quali ci si può rendere conto dell'originalità della proposta e del lavoro richiesto ogni anno per la sua attuazione.
Un grosso Grazie, quindi, agli organizzatori, e ... arrivederci all'anno prossimo (nella speranza che, come tre anni fa, uno studente del LiLu1 possa qualificarsi nuovamente per la finale italiana).

martedì 13 maggio 2008

A caccia del mostro

Il bel libro Il disordine perfetto, opera del matematico e divulgatore inglese Marcus DuSautoy, rappresenta un'affascinante introduzione alle idee e al linguaggio dell'algebra, e mette bene in evidenza come il linguaggio algebrico sia il più adatto a descrivere e a classificare gli oggetti dotati di simmetria. In 12 capitoli, numerati secondo i mesi da agosto a luglio, l'autore spazia dagli argomenti più classici quali ad esempio le classificazioni dei mosaici dell'Alhambra fino a problemi di recente soluzione come lo studio del mostro, un terrificante (o bellissimo?) oggetto algebrico formato da 808 017 424 794 512 875 886 459 904 961 710 757 005 754 368 000 000 000 (sì, sul serio!) elementi che può "vivere" solo in spazi di dimensione superiore a 196884, menzionando anche il cosiddetto "moonshine" ("chiar di luna" - ma come possono essere poetici i matematici!), una proprietà che lo lega ad un campo totalmente diverso della matematica (quello delle cosiddette funzioni modulari). Il libro contiene inoltre tutta una serie di aneddoti biografici sui personaggi che hanno plasmato l'algebra fino a farle raggiungere l'attuale livello di sintesi ed eleganza, da Muhammad al Khwaritzmi fino ai grandi del ventesimo secolo come John Conway o Richard Borcherds, passando per Cardano, Abel, Galois e Cayley (giusto per menzionarne qualcuno). Interessanti sono anche le digressioni su quegli artisti che, in modo più o meno consapevole, hanno fatto massicciamente uso della simmetria nelle loro opere (come Mozart, Escher o Xenakis). Nel testo sono poi inserite un gran numero di annotazioni autobiografiche che, tramite le esperienze dirette dell'autore, ci permettono di gettare uno sguardo all'interno di alcuni dipartimenti di matematica.
Un'ottima lettura, quindi, che ha forse un solo difetto di rilievo: il linguaggio della simmetria può servire ottimamente come introduzione alle idee dell'algebra, ma l'assenza di un formalismo più sintetico rende ostiche alcune spiegazioni, che risultano quindi comprensibili solo a chi ha già almeno un'infarinatura dei temi trattati.

domenica 27 aprile 2008

Matematica moderna

Forse qualcuno ricorderà di aver sentito parlare, tra gli anni '70 e '80, della cosiddetta matematica moderna. Non si trattava, per carità, di una rivoluzione della disciplina matematica, ma di un nuovo approccio al suo insegnamento che ebbe origine, si dice, nel tentativo degli Stati Uniti di colmare il gap tecnologico venutosi a creare nei primi anni '60 nei confronti dell'allora URSS. Si cercò di trovare il modo di presentare già a livello di scuola elementare e media alcuni concetti che fino ad allora avevano trovato spazio solo nell'insegnamento universitario (teoria degli insiemi, relazioni, strutture algebriche), in uno stile quasi bourbakista che a volte sfociava del dogmatico, supportato anche da alcune intuizioni del celebre pedagogista Jean Piaget (che si rivelarono poi essere delle clamorose cantonate).
Chiaramente, ciò non favorì l'avvicinamento della matematica alla gente: chi già non possedeva una naturale propensione per i formalismi finì per farsi un'idea della materia come qualcosa di estremamente arido e impersonale. Con qualcuno, però, la matematica moderna parve funzionare: per quanto mi riguarda, ad esempio, devo dire di aver sempre trovato naturale l'approccio algebrico, e quindi l'aver appreso molto presto certi concetti mi ha favorito in seguito (ma a volte mi chiedo se la mia naturale avversione per la matematica del continuo non sia stata un effetto collaterale).
Il cantautore matematico Tom Lehrer (ho già parlato di lui) espresse la sua opinione sulla "rivoluzione" della matematica moderna per mezzo della canzone New Math (che può essere ascoltata qui, seguendola sul testo): la sottrazione 342-173 viene eseguita "in colonna" dapprima in base 10 e poi in base 8, in maniera formalmente corretta ma ad un ritmo tale che il calcolo risulta impossibile da seguire.
Simpatica è anche la seguente animazione, realizzata per YouTube, che permette di seguire almeno in parte il calcolo (ammesso di avere una certa dimestichezza con il sistema ottale):


venerdì 18 aprile 2008

Altri stuzzichini

Le meraviglie della matematica è il titolo del più recente libro pubblicato in italiano del bravo divulgatore tedesco Albrecht Beutelspacher (ho già parlato di lui in un paio di occasioni). L'opera è, più o meno, una ideale continuazione del suo Matematica da tasca: brevi interventi su un tema molto specifico, con spiegazioni ridotte all'osso. Si tratta di 66 articoli precedentemente pubblicati sul periodico Bild der Wissenschaft (alcuni di essi, ovviamente in tedesco,  sono consultabili online sul sito della rivista - basta inserire la parola chiave beutelspacher nel motore interno di ricerca). Le spiegazioni sono volutamente prive di formule e formalismi (ma ciò non è sempre un bene - la sinteticità della formule a volte può anche andare a vantaggio della comprensibilità), e lo spettro degli argomenti trattati è veramente ampio, spaziando ad esempio dalle proprietà dei numeri alla geometria di alcuni oggetti di uso comune (come palloni da calcio, antenne paraboliche o collane), sempre nello stile finto-ingenuo che sembra essere una caratteristica costante nelle opere di Beutelspacher. Si tratta, comunque, di un altro encomiabile tentativo di far comprendere ad un vasto pubblico l'importanza di una solida cultura matematica, mostrando come questa sia presente in un'infinità di aspetti della vita quotidiana.

martedì 25 marzo 2008

Matematica di contrabbando

Il libro Il teorema del pappagallo, opera del professore parigino Denis Guedji rappresenta proprio questo: un tentativo (quasi) riuscito di contrabbandare all'interno di un romanzo parecchia matematica, con particolare attenzione alla sua storia. Da Talete che misura l'altezza della piramide di Cheope fino ai contributi di Goro Shimura e Andrew Wiles alla dimostrazione dell'Ultimo Teorema di Fermat, passando per Pitagora, Euclide, Tartaglia, Galois, Eulero (solo per citarne alcuni), il libro descrive in maniera gradevole e comprensibile molte delle tappe che hanno plasmato la disciplina matematica nel corso dei secoli, incastonandole all'interno di una vicenda ambientata in una particolare libreria parigina abitata da una strana famiglia che improvvisamente si trova proiettata suo malgrado all'interno di una vera e propria trama da romanzo poliziesco. E qui sta, secondo me, il punto debole del libro. La trama, solo a tratti avvincente, non riesce a convincere appieno: la caratterizzazione dei personaggi non appare granché riuscita, e la coincidenza da cui tutto prende avvio, francamente, rende quasi impossibile la pratica della suspension of disbelief. Peccato.
Un'interessante recensione del libro, opera di Simon Singh, è reperibile a questo indirizzo.

mercoledì 20 febbraio 2008

Eureka !

Archimede di Siracusa, vissuto nel II sec. a.C., può certamente essere annoverato tra i più grandi scienziati che l'umanità abbia mai avuto. Oltre che geniale inventore, egli fu un matematico sopraffino (tant'è vero che una delle facce della medaglia Fields lo raffigura): il suo uso degli infinitesimi, ad esempio, precorre di quasi due millenni il calcolo integrale introdotto da Newton e Leibnitz.
Il bel libro Il codice perduto di Archimede, di Reviel Netz e William Noel, edito da Rizzoli, si occupa da un lato del grande pensatore greco e dall'altro di come alcune delle sue opere siano giunte fino a noi. In particolare, il sostantivo "codice" (va di moda inserirlo nei titoli...) fa riferimento al cosiddetto palinsesto di Archimede: un testo di preghiere ottenuto riciclando le pergamene di un codice più antico ("grattando via" il testo originale - questo è proprio il significato di palinsesto), che le tecniche più moderne hanno poi permesso di recuperare, dal momento che l'opera di cancellazione ha lasciato molte tracce.
Tale operazione ha permesso di leggere (almeno in parte) alcune opere di Archimede trascritte nel corso del X secolo (e poi "grattate" nel XII): una di esse, lo Stomachion, che studia le combinazioni delle tessere di un determinato puzzle (una sorta di Tangram) sembra dimostrare che Archimede fu un precursore non soltanto del calcolo infinitesimale, ma forse anche del cosiddetto calcolo combinatorio.
Al palinsesto di Archimede è inoltre dedicato un bel sito, curato anch'esso da William Noel, ricco di informazioni e di immagini utili anche ai ricercatori. Vale la pena di farci un (virtuale) salto. Altro link interessante è questa pagina in cui, fra le altre cose, la creazione di un palinsesto viene mostrata in modo interattivo.

Progetto 63

Ogni volta che riscontro negli allievi difficoltà nel calcolo numerico elementare (le caselline, per intenderci) mi torna alla mente uno dei più celebri racconti di Isaac Asimov (1920-1992), intitolato nella traduzione italiana Nove volte sette (il titolo originale, forse più suggestivo, è The feeling of power). Tipico esempio della cosiddetta "fantascienza sociale", esso narra di una mondo dove il calcolo è completamente affidato alle macchine, e degli stravolgimenti causati dalla riscoperta dell'aritmetica elementare (ribattezzata "grafitica") da parte di un tecnico di infimo livello. Non dirò di più, per non guastare il piacere della lettura a chi ancora non lo conoscesse (il racconto è reperibile, ad esempio, nell'eccellente antologia Racconti Matematici, oppure è leggibile qui nella versione originale).


giovedì 17 gennaio 2008

Stuzzichini

Gia, "stuzzichini". È il termine che Albrecht Beutelspacher (ho già parlato di lui) utilizza per descrivere i 51 capitoletti che compongono il suo libro Matematica da tasca - Dall'abaco allo zero (edito in italiano da Ponte alle Grazie). Si tratta di brevi interventi, due o tre pagine al massimo, che in rigoroso ordine alfabetico abbracciano gli argomenti più disparati della materia, senza entrare nei particolari ma fornendo elementi a sufficienza per suscitare una certa curiosità.
Più che di un'opera divulgativa si tratta quindi di una sorta di "dépliant pubblicitario" per la matematica, scritto nella speranza che questo o quel tema possa risvegliare l'interesse del lettore occasionale, invogliandolo magari ad andare alla ricerca di testi più impegnativi o, perché no, ad intraprendere studi matematici.

domenica 6 gennaio 2008

Num3ri in TV

Tra le serie TV "figlie" del popolarissimo C.S.I. , la più interessante dal mio punto di vista non può che essere Numb3rs. Prodotta dai fratelli Ridley e Tony Scott (i registi, rispettivamente, di Blade Runner e Top Gun) e trasmessa negli stati uniti dal network CBS, essa narra le gesta di due fratelli: l'agente speciale Don Eppes (Rob Morrow) e il fratello Charlie (David Krumholtz), matematico di fama mondiale assoldato quale consulente dall'FBI, il quale collabora alle indagini applicando le più svariate tecniche del suo repertorio matematico. Anche se tale aspetto viene spesso liquidato in modo superficiale (una serie TV deve, dopotutto, "vendere"...), la produzione si avvale di un team di esperti che garantiscono la plausibilità di quanto viene raccontato: a questo proposito, segnalo il libro Solving crimes with mathematics: The numbers behind Numb3rs, scritto a 4 mani da uno di tali esperti (Gary Lorden) e da Keith Devlin, matematico e divulgatore statunitense di chiara fama.
Al di là degli aspetti matematici, posso dire che si tratta di una serie godibile e ben interpretata. Attualmente essa viene trasmessa dalla TSI nella fascia preserale, ed è disponibile il cofanetto in italiano con i 13 episodi della prima stagione. Negli USA la programmazione è giunta alla quarta stagione, sospesa al momento a causa dello sciopero degli sceneggiatori che sta tenendo in scacco il settore televisivo.
Un solo appunto: alcuni accenni fatti nel corso degli episodi fanno intuire come nemmeno in questo caso gli autori siano riusciti a staccarsi completamente dal cliché del "matematico con qualche problema psichico". Era proprio necessario?