sabato 3 gennaio 2009

Il gioco incompiuto

Tra gli argomenti della matematica liceale, il calcolo delle probabilità è forse quello che, almeno inizialmente, suscita maggiori entusiasmi tra gli studenti (tale entusiasmo si esaurisce però ben presto con la comparsa dei primi dettagli tecnici). In effetti, vi è un indubbio fascino dietro all'idea che la matematica permetta di gettare uno sguardo sul futuro (anche se poi le cose non stanno veramente così...).
Inevitabilmente, introducendo l'argomento il discorso si sposta rapidamente in direzione del gioco d'azzardo: sorgono spontanee domande quali "Che probabilità ho di fare un 6 al lotto?" oppure "È vero che con la probabilità si può vincere al Blackjack?" (quest'ultima in conseguenza della visione del film "21").
Si tratta di interrogativi del tutto legittimi; in effetti è stato proprio il gioco d'azzardo a dare l'impulso decisivo allo studio del calcolo delle probabilità, mediante il cosiddetto "problema del gioco incompiuto": se una partita a dadi viene interrotta prima della sua conclusione, come va spartita la posta? Questo interrogativo ha rappresentato il tema principale della corrispondenza tra due Grandi della storia della scienza che, per tradizione, viene considerata come la prima vera trattazione del calcolo delle probabilità. I due Grandi in questione furono Pierre de Fermat (il "più grande matematico dilettante") e Blaise Pascal (il matematico, fisico e filosofo che molti considerano anche pioniere dell'informatica). La loro corrispondenza rappresenta il filo conduttore di un'interessante pubblicazione edita da Rizzoli, La lettera di Pascal, nella quale il noto divulgatore Keith Devlin illustra sinteticamente le origini del pensiero stocastico, menzionando anche i contributi di altri Grandi quali Cardano, Huygens, i Bernoulli e Bayes.
Il libro è interessante anche perché ci presenta dei matematici tutt'altro che infallibili: Devlin cerca di mostrare come certi concetti abbiano faticato a farsi strada anche nelle menti dei più grandi pensatori, e come anche uno dei più grandi intuiti della storia abbia potuto fare clamorosamente cilecca (con i cosiddetti numeri primi di Fermat).
Un piccolo appunto all'edizione italiana: il titolo scelto è senz'altro inferiore all'originale ("The unfinished game", che fra parentesi potrebbe anche alludere all'incompiutezza della matematica stessa), ma è soprattutto il sottotitolo a lasciarmi perplesso: "Storia dell'equazione che ha fondato la teoria della probabilità". Di una tale equazione nel testo non vi è traccia (forse, semplicemente, perché essa non esiste...).

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