martedì 27 luglio 2010

Matematica pragmatica

Sul sito di BusinessWeek, in appendice al già citato articolo Math will rock your world, Stephen Baker indica quali sono, secondo lui, le competenze matematiche necessarie per intraprendere una carriera di successo. Eccole qui (cliccare per ingrandire):
Interessante il consiglio relativo al calculus (il calcolo infinitesimale): secondo Baker, trascurarlo equivale a chiudersi in faccia la porta che conduce ad alcune tra le più lucrative opportunità di fare carriera. 
Si tratta di un approccio radicalmente opposto a quello di Lockhart ma, come ho affermato ieri, insegnando non possiamo non tener conto delle aspirazioni (anche economiche) dei nostri studenti...

lunedì 26 luglio 2010

Lamentazione e Giubilo

Contro l'ora di matematica (Rizzoli) è il provocatorio titolo italiano di A Mathematician's Lament, breve saggio del matematico e insegnante statunitense Paul Lockart sull'insegnamento della matematica a livello pre-accademico, una cui versione preliminare era già apparsa (qui) sulla popolare rubrica online di Keith Devlin (una traduzione italiana è disponibile qui, presso Xla Tangente).
L'opera è divisa in due parti, Lamentazione e Giubilo. La prima, forse un po' banale e ridondante nei contenuti, fornisce un elenco di quelli che, a detta dell'autore, rappresentano i principali problemi della scuola (o, meglio, dei programmi statunitensi di insegnamento della matematica). Il suo punto di vista è quello dell'esteta: a detta di Lockart (che in questo concorda col sommo Hardy) la matematica va insegnata solo in quanto espressione artistica, frutto di un lavoro creativo non differente dalla pittura o dalla musica, trascurandone quando possibile gli aspetti formali e lasciando libero sfogo alle intuizioni dello studente. Pur trovandomi d'accordo sul fatto che la bella matematica raggiunga le più alte vette creative dell'espressione umana trovo le argomentazioni espresse nel libro tutt'altro che convincenti:
  • a differenza della musica o delle arti figurative, la matematica ha un solo livello di fruizione: l'ascolto del Canone di Pachelbel non richiede competenze di teoria musicale, ma ben difficilmente chi è totalmente digiuno di matematica potrà apprezzare il metodo della diagonale di Cantor o la celebre dimostrazione di Euclide sui numeri primi (per non parlare dei trionfi di Wiles o di Perelman);
  • mettendo in pratica i suoi principi, Lockhart impone il suo punto di vista sulla matematica; pur amandone a mia volta gli aspetti estetici, storici e filosofici (e facendone uso nell'insegnamento) non posso però trascurarne gli aspetti più pragmatici: io so che senza nozioni formali di calcolo infinitesimale i miei attuali studenti al Politecnico si troveranno in grosse difficoltà. Su una cosa, però, concordo con lui: spesso è inutile cercare a tutti i costi applicazioni pratiche della materia insegnata. La matematica banale ha, in genere, soltanto applicazioni banali (e quindi noiose).
Il testo è condito da alcune conversazioni tra gli immaginari Salviati (alter-ego dell'autore) e Simplicio, prelevati direttamente dal Dialogo di Galileo Galilei.
Nella seconda parte del libro, che mi ha maggiormente convinto, l'autore tenta poi di spiegare la sua visione dell'estetica matematica, fornendo alcuni esempi in cui l'intuizione prevale sugli aspetti formali. Si tratta senz'altro di esempi significativi, stimolanti e non banali. Si scaglia inoltre contro la didattica della matematica (che definisce "assurda tragedia"); pur non condividendone le posizioni estreme, sono a mia volta convinto che all'insegnante debba essere lasciata assoluta libertà espressiva nel condurre le lezioni, a scapito di modelli preconfezionati.
Concludendo: lo sfogo di Lockhart non è, a mio avviso, un capolavoro di divulgazione, ma fornisce comunque parecchi spunti di riflessione a proposito dei temi centrali dell'insegnamento della matematica. Non mi sono quindi pentito di averlo letto.

giovedì 22 luglio 2010

Logos arithmos

Eggià, il logaritmo. Non sono ancora riuscito a capire perché tale concetto ponga così tante difficoltà agli studenti liceali. Sì, d'accordo, si tratta di una funzione trascendente, definita in modo implicito (per lo meno prima di aver trattato il calcolo infinitesimale) ma, almeno per quanto mi riguarda, ogni approccio, anche il più "soft" ed elementare, si è rivelato insoddisfacente. Eppure non si tratta certo di una nozione artificiale o estranea alle nostre esperienze: la legge di Weber-Fechner afferma addirittura che le nostre percezioni agli stimoli (ad esempio relative all'intensità sonora o luminosa) sono espresse attraverso una scala logaritmica (e quindi che il concetto di logaritmo è, in qualche modo, "programmato" dentro di noi!). La storia del logaritmo, le sue applicazioni (e, per chi si interessa di queste cose, le sue proprietà algebro-analitiche) ne fanno un argomento ideale per un approccio interdisciplinare (un tipo di approccio che, ahimè, sembra appassionare più i didatti che gli studenti...).
Per approfondire il tema, e magari per arricchire il contenuto delle mie lezioni, ho dedicato un po' di tempo alla lettura di e: the Story of a Number di Eli Maor, professore di storia della matematica alla Loyola University di Chicago (esperto in particolare nella relazione tra musica e matematica). Il libro (pubblicato da Princeton, una garanzia per i contenuti) è dedicato alla costante e, la base del logaritmo naturale, e quindi non può prescindere da un'accurata presentazione di quest'ultimo. In effetti si tratta di un testo ben strutturato che,  partendo dalle vicende relative agli "inventori" (o "scopritori"?) del concetto di logaritmo Stifel, Bürgi e Napier ne presenta in modo competente ed esaustivo sviluppi storici, particolarità ed applicazioni con uno stile piacevole e discorsivo, senza mai risultare pesante pur non rinunciando a formulazioni matematicamente corrette. Per essere apprezzato appieno il libro richiede, come menzionato nella quarta di copertina, un "modest background in mathematics", equivalente forse ad un corso standard liceale. Richiede quindi uno sforzo superire rispetto alla media dei testi divulgativi, ma ne vale la pena.

mercoledì 21 luglio 2010

Quack!

Paperino nel mondo della Matemagica (Donald in Mathmagic land) è senz'altro uno tra i più celebri cartoons divulgativi mai realizzati. Il film, della durata di circa mezz'ora, rappresenta un viaggio fantasioso tra le meraviglie della matematica con protagonista il celebre papero Disney. La narrazione ci introduce dapprima alle idee dei pitagorici, prosegue con la sezione aurea e si sofferma infine sul rapporto tra la matematica e alcuni popolari giochi, con particolare attenzione agli aspetti geometrici del biliardo. Chiaramente, trattandosi di una pellicola del 1959, alcuni riferimenti risultano un po' datati, ma ciò non toglie nulla al valore dell'opera. Il cartoon si conclude con una celebre citazione di Galileo Galilei, "la matematica è l'alfabeto nel quale Dio ha scritto l'universo".
Candidata all'oscar 1959 come miglior documentario, la pellicola è diretta dall'esperto Hamilton Luske (il regista di Cenerentola, Alice e Peter Pan) e si avvale della consulenza scientifica del fisico Heinz Haber, uno fra i tanti scienziati tedeschi emigrati negli USA dopo il secondo conflitto mondiale.
Su YouTube il film è visibile per intero. Eccone la prima parte:



La seconda parte è qui, la terza qui.
Per chi volesse procurarsi legalmente una copia del filmato (magari da mostrare in classe), esso è disponibile nella collana Disney "Le Fiabe" (in abbinamento a "Il mio amico Ben", altra opera di Luske).

mercoledì 14 luglio 2010

I signori dei numeri

Come un moderno Pollicino, ognuno di noi ogni giorno lascia dietro di sè una scia impressionante  di (virtuali) sassolini, ad esempio utilizzando carte di credito e tessere fedeltà o frequentando la "rete delle reti" (anche questo blog, probabilmente, rivela molto a proposito del sottoscritto). Ogni singola transazione, ogni singolo messaggio lasciato all'interno di un social network, addirittura ogni singolo click del nostro mouse vengono da anni pazientemente immagazzinati in enormi banche dati che però solo di recente iniziano a venir sfruttate in maniera efficiente, grazie da un lato alla potenza di calcolo messa a disposizione dai moderni computer e dall'altro all'inventiva di una nuova categoria di matematici. Nel suo libro Il potere segreto dei matematici il giornalista di BusinessWeek Stephen Baker  li battezza I Numerati (espressione che dovrebbe richiamare gli Illuminati) e ne descrive il lavoro in alcuni campi quali la pubblicità, la propaganda politica, la sanità e la lotta al terrorismo. Il libro descrive abbastanza bene i campi d'azione di questi "signori dei numeri", prospettando applicazioni decisamente inquietanti: scavando tra i dati che ci riguardano e mettendoli opportunamente in relazione sarà forse possibile, un giorno, associarci degli "alter ego" virtuali che permetteranno di simulare (statisticamente) il nostro comportamento e quindi di formulare delle previsioni sull'evoluzione del nostro stato di salute, sulle nostre preferenze di voto o sulle nostre tendenze criminali.
Per sua stessa ammissione, Baker non ha particolari competenze matematiche. Il suo libro non si sofferma quindi sulle tecniche volte all'estrazione delle informazioni dai dati e al loro utilizzo per formulare delle previsioni (note con il nome di data mining). Per approfondire tali tematiche, un buon punto di partenza potrebbe essere il sito del Numerato Kurt Thearling.
In rete è inoltre disponibile (qui, sul sito di BusinessWeek) una sorta di sintesi del libro di Baker, dal suggestivo titolo Math will rock your world.

martedì 13 luglio 2010

Matematica e religione

È ormai da qualche anno che il più mediatico tra i matematici italiani si adopera in ogni modo per convincerci dell'incompatibilità tra rigore scientifico e senso religioso, con un atteggiamento talmente sprezzante da sembrare costruito a tavolino, riciclando di continuo argomentazioni basate essenzialmente sull'equazione "cristiano=cretino".
Beh, il "teologo ribelle" Hans Küng (clicca qui per una sua interessante intervista) cretino non lo è di sicuro, e con il suo saggio L'inizio di tutte le cose (Rizzoli) dimostra di apprezzare non poco il metodo scientifico, del quale parla con competenza e rispetto, citando Einstein, Gödel e Hawking (del quale menziona una sorprendente lezione a proposito dei limiti della fisica). Si tratta di un interessante contributo al dibattito tra scienza e religione, destinato al grande pubblico e quindi scritto con un tono scorrevole e informale, con riferimenti dotti e meno dotti (anche a Star Wars!), da leggere magari per disintossicarsi dall'indigestione odifreddiana.