sabato 31 maggio 2014

Curta

Riesce difficile, oggi, immaginare un mondo in cui il calcolo numerico rappresentava un problema. Le calcolatrici tascabili hanno ormai raggiunto livelli di prezzo che ne fanno (ahimè) prodotti usa-e-getta, e il loro uso ha fortemente inibito la nostra capacità di calcolare a mente (la cosa è perticolarmente evidente nei più giovani, che oramai si affidano alla calcolatrice anche per le operazioni più banali). Ma fino ad una quarantina di anni fa la situazione era ben diversa: l'elettronica tascabile era ancora fantascienza, e il più valido ausilio per tecnici e ingegneri era rappresentato dal regolo o dalla sua controparte discreta, la tavola logaritmica (argomenti interessanti, cui dovrò prima o poi dedicare un post). L'alternativa, tutt'altro che economica, era rappresentata dalle calcolatrici meccaniche, oggetti solitamente ingombranti e poco pratici, discendenti più o meno diretti delle invenzioni di Leibnitz e Pascal. La più notevole e raffinata di esse fu probabilmente la Curta, lanciata sul mercato nel 1948 e prodotta fino al 1972. Ho avuto modo di provarne una di persona (l'ho rinvenuta a scuola, dimenticata su uno scaffale); inserita in un solido cilindro di metallo, il suo aspetto è quello di una sorta di macinino, attorniato da una serie di levette e sormontato da una manovella che ne mette in moto i precisi meccanismi. Grazie ad un ingegnoso sistema di riporti essa è in grado di eseguire le "quattro operazioni" in modo abbastanza agevole. La sua maneggevolezza, la sua robustezza e la sua affidabilità la resero popolare nel mondo dei rally anche oltre l'avvento delle calcolatrici elettroniche, perché il navigatore la poteva maneggiare senza staccare gli occhi dalla strada.
Oltre che per i suoi aspetti tecnici, la Curta è interessante anche per la sua peculiare storia: il suo inventore, l'austriaco Curt Herzstark, fu imprigionato a Buchenwald a causa delle origini ebraiche della madre, ma i suoi aguzzini gli permisero di continuare a lavorare sul progetto nella speranza di farne dono al führer. Fortunatamente ciò non avvenne: l'esercito statunitense liberò il lager, a Weimar Herzstark riuscì a farsi assemblare un prototipo della macchina e dal principe del Liechtenstein riuscì ad avere l'appoggio finanziario per produrla in serie. Ovviamente, l'avvento dell'elettronica a basso costo ne decretò il rapido declino. Oggi la Curta è un vero e proprio oggetto da collezionisti; su eBay è possibile reperirne qualcuna, ma non senza spendere parecchio. 
Per chi volesse approfondire l'argomento, in rete si trovano parecchie informazioni a proposito della macchina di Herzstark: nel 2004, su Scientific American, l'astronomo Cliff Stoll gli ha dedicato un interessante articolo (qui è possibile, almeno al momento, scaricare l'intero numero, qui il solo articolo); moltissime informazioni tecniche sono reperibili qui (all'interno del sito vcalc.net, dedicato alle calcolatrici elettroniche e non); qui sono raccolti alcuni manuali; questa è un'intervista a Herzstark. Qui, invece, è possibile simulare l'uso della macchina.

martedì 6 maggio 2014

Ei fu. - Parte II

Il Teorema di Napoleone può essere intuito grazie alla simmetria della figura seguente (l'ho rubata qui):
Personalmente, però, mi piace di più la dimostrazione basata su un diverso tipo di simmetria, quella della relazione
$$
3q^2 = \frac{a^2+b^2+c^2}{2}+\frac{2\mathcal A}{\sqrt{3}} \quad,
$$
dove $A$, $B$ e $C$ sono i vertici del triangolo (qualsiasi), $a=|BC|$, $b=|AC|$, $c=|AB|$, $\mathcal A$ è l'area di $ABC$ e $q=|PR|$, dove $P$ e $R$ sono i centri dei triangoli equilateri di lati $AB$ risp. $AC$. 
La simmetria della relazione in $a$, $b$ e $c$ implica che essa sarebbe valida anche ponendo $q=|PQ|$ oppure $q=|QR|$; ne consegue che $|PQ|=|PR|=|QR|$.
La dimostrazione di quella che potremmo battezzare "formula di Napoleone" è un esercizio di trigonometria, diciamo da seconda Liceo. Innanzitutto occorre ricordare che nel triangolo equilatero la distanza tra un vertice e il baricentro è pari ai $\displaystyle\frac{2}{3}$ dell'altezza, e quindi
$$
|AR|=\frac{2}{3}\cdot\frac{\sqrt{3}}{2}b=\frac{b}{\sqrt{3}}
$$
e analogamente $|AP|= \displaystyle\frac{c}{\sqrt{3}}$. Dal momento che $\widehat{PAB}=\widehat{CAR}=\displaystyle\frac{\pi}{6}$, il Teorema del coseno fornisce quindi la relazione
\begin{eqnarray*}
q^2 &=& |AR|^2+|AP|^2-2\cdot|AR|\cdot|AP|\cdot\cos\left(\alpha+\frac{\pi}{3}\right) \\
&=& \frac{b^2}{3}+\frac{c^2}{3}-\frac23bc\cdot\cos\left(\alpha+\frac{\pi}{3}\right) \;.
\end{eqnarray*}
e quindi
$$
3q^2=b^2+c^2-2bc\cos\left(\alpha+\frac{\pi}{3}\right) \quad.
$$
Dalla formula di addizione per il coseno ricaviamo
$$
\cos\left(\alpha+\frac{\pi}{3}\right)=\cos\alpha\cdot\cos\frac{\pi}{3}-\sin\alpha\cdot\sin\frac{\pi}{3} = \frac{1}{2}\cos\alpha-\frac{\sqrt3}{2}\sin\alpha 
$$
e
$$
3q^2=b^2+c^2-bc\cos\alpha+\frac{bc\sin\alpha}{\sqrt{3}} \quad.
$$
La "formula di Napoleone" segue quindi dal fatto che per l'area $\mathcal A$ di $ABC$ vale
$$
\mathcal A = \frac{1}{2}bc\sin\alpha
$$
e che, nuovamente per il Tm. del coseno,
$$
bc\cos\alpha=\frac{b^2+c^2-a^2}{2} \quad.
$$

lunedì 5 maggio 2014

Ei fu.

Centonovantatré anni fa, Il cinque maggio 1821, moriva in esilio a Sant'Elena Napoleone Bonaparte, personaggio chiave per le sorti dell'Europa (pure il piccolo Ticino gli deve qualcosa, dal momento che con l'atto di mediazione del 1803 acquisì definitivamente dignità pari ai cantoni di cui fino a qualche anno prima era baliaggio). Tutti abbiamo studiato a scuola le vicende dell'uom fatale, dalla repentina ascesa al potere al doppio esilio ("due volte nella polvere, due volte sull'altar"), di cui è possibile intravedere non pochi riflessi anche a due secoli di distanza (basta pensare al codice napoleonico). Quello che non molti sanno, invece, è che il Bonaparte fu pure un appassionato matematico, e che amava circondarsi dei più importanti matematici dell'epoca, cui conferì anche prestigiosi incarichi politici (Lagrange, Monge e Laplace furono scelti quali membri del Sénat Conservateur). E forse fu proprio uno di essi a dimostrare per primo l'enunciato noto oggi come Teorema di Napoleone: "i centri dei triangoli equilateri costruiti esternamente su un triangolo qualsiasi formano i vertici di un triangolo equilatero".
In realtà, la paternità del Teorema risulta alquanto incerta: esso fece la sua prima comparsa sul Ladies' Diary nel 1826, in un articolo del matematico inglese William Rutherford, ma il primo a collegarlo con il nome dell'imperatore fu probabilmente il didatta insigne Aureliano Faifofer, che menzionò il risultato nei suoi Elementi di Geometria (anche se, a quanto pare, tale collegamento comparve solo in un'edizione postuma del manuale, del 1911).
A domani, per la dimostrazione...