domenica 28 maggio 2017

La matematica dei mattoncini

A qualcuno di voi verrebbe mai in mente di riempire la lavatrice di mattoncini Lego "per vedere di nascosto l'effetto che fa"? A me no di certo, ma ad un serio professore dell'Università di Jena, Ingo Althöfer, la cosa dev'essere sembrata interessante, perché su quest'idea ci ha pure scritto un breve paper, dal titolo Random Lego Structures from Lego Bricks and Analog Monte Carlo Procedures, scaricabile qui. Ma Althöfer non è l'unico ad essersi fatto ispirare dai popolari mattoncini per parlare di matematica: in rete si trovano innumerevoli proposte didattiche indirizzate ai più piccini (qui, ad esempio), ma anche lavori più "tosti", come questo The entropy of LEGO, di due autori dal nome pressoché impronunciabile, dove, fra le altre cose, si dimostra che i modi per costruire una torre di sei mattoncini 4x2 (i più classici dei mattoncini) sono esattamente novecentoquindici milioni centotremila settecentosessantacinque.

sabato 27 maggio 2017

Storie di numeri - 3

Con Il museo dei numeri (sottotitolato Da zero verso l'infinito, storie dal mondo della matematica), anche Piergiorgio Odifreddi si cimenta in un personalissimo catalogo dei numeri e delle loro peculiarità, in un volume elegante e coloratissimo, tipograficamente simile alla sua trilogia geometrica.
Il libro si apre con un breve preambolo dedicato alla genesi dei sistemi di numerazione, per poi condurci in un viaggio da zero alle "superpotenze di 10", mescolando matematica, storia e arte, mostrando ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che, checché se ne dica, la matematica è parte integrante della nostra Cultura, e da essa è  indistricabile.
Purtroppo l'ho letto tempo fa, e il ricordo è un po' sbiadito, ma una cosa la ricordo: non mi sono pentito di averlo acquistato.

lunedì 1 maggio 2017

Simmetrie andaluse

Ne sentivo parlare da una vita, e finalmente l'ho potuta visitare. Parlo dell'Alhambra, probabilmente la più spettacolare testimonianza dell'arte islamica sopravvissuta in occidente (ma anche l'Alcazar di Siviglia non scherza...). La fortezza, che domina dall'altro la città di Granada, costruita nel XIV secolo come reggia per il sultano, venne conquistata nel 1492 dall'esercito spagnolo, diventando palazzo reale di Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia. Questi ne modificarono struttura e decorazioni, nascondendole in parte (ma contribuendo involontariamente alla loro preservazione); il sacro romano imperatore Carlo V contribuì a sua volta al degrado della struttura, lasciandoci un palazzo tuttora incompleto; nel XIX secolo l'esercito francese, guidato dal conte Sebastiani, e l'ennesimo terremoto causarono danni ulteriori, ma nel contempo la fortezza acquisì notorietà, grazie anche allo scrittore e diplomatico Washington Irving (quello di Rip Van Winkle e Sleepy Hollow), che vi soggiornò e le dedicò una raccolta di brevi saggi e racconti (che ho acquistato in loco e che ho iniziato a leggiucchiare). Tra il XIX e il XX secolo l'Alhambra è stata oggetto di un'imponente campagna di restauri che forse non le hanno restituito tutto lo splendore originale, ma che ne fanno una delle mete turistiche più gettonate al mondo, patrimonio UNESCO dell'umanità e inserita tra le 20 finaliste nell'iniziativa New7Wonders of the World. E non sono pochi gli artisti, Escher in primis (ne ho parlato anche qui), che ne hanno tratto ispirazione per le loro opere.
È noto che l'arte islamica è stata fortemente influenzata dal timore, se non addirittura dalla proibizione esplicita, di rappresentare la figura umana, che in alcune interpretazione dei testi sacri si configurerebbe come idolatria. Ciò ha portato, più che in altre culture, allo sviluppo di arti quali la calligrafia e la tassellazione. Ed è proprio quest'ultima a colpire il visitatore all'interno dell'Alhambra (e, in misura un po' minore, dell'Alcazar di Siviglia e della Mezquita di Cordova, le altre due mete del mio viaggio pasquale): in alcuni degli ambienti, le pareti sono ricoperte da raffinatissime e intricatissime figure perfettamente simmetriche, in cui qualcuno (ad esempio qui) ha verificato la presenza di tutti e 17 i gruppi cristallografici piani (quelli classificati indipendentemente da Fedorov nel 1891 e da Polya nel 1924). All'Alhambra fa riferimento pure Hermann Weyl, nel suo classico Symmetry, del 1952.
Sull'Alhambra e sulle sue simmetrie in rete si trova un po' di tutto: mi limito a segnalare la passeggiata di Rafaél Pérez Goméz, apparsa sul numero III del semestrale Ithaca. Ma l'Alhambra non può essere apprezzata online o sui libri; va visitata, almeno una volta.

Così è l'Alhambra, palazzo mussulmano nel cuore di una terra cristiana, edificio orientale tra costruzioni gotiche occidentali, elegante vestigia di un popolo valoroso, intelligente e raffinato, che conquistò, dominò e svanì.
(W. Irving, Racconti dell'Alhambra, trad. di B. Cserska-Garanzini)